Taodao. Arrivederci Kathmandu

Aprile 2016

Una giornata per salutare i nostri amici vecchi e nuovi di Lalitpur. Ogni volta quando partiamo ci fanno le feste.

Eppure oggi sia a noi che a loro era ben chiaro che saremmo tornati qui. Ovvio che ritorniamo, dove lo trovi un posto così, fatto di polvere nei polmoni e tranquillità in te?

Si vive di niente qui, si sta insieme e va bene così, non c’è nulla altro che uno scorrere mai banale delle giornate, eppure non manca nulla, proprio come quel passo del Taotejing, quale era? L’ottantesimo, l’ottantunesimo?

Quando lo leggevamo, quando lo traducevamo, chissà che ne capivamo? Ne capivamo quello che eravamo, che altro?

E oggi? Che ne capiamo, che ne siamo oggi?

Non esiste la pace felice, esisterà sempre la questione irrisolta, la vertenza faticosa, l’instabilità del cuore può scricchiolare persino nelle fondamenta della casa.

Eppure la vita, eppure la vita.

Nel fiume l’acqua scorre in rivoli e vortici che solo nelle nebbie notturne sembrano fluire uniforme.

La vita zoppica e scricchiola comunque, ruzzola e qui forse anche di più, anche se i paragoni risultano in ogni caso impossibili e conducono unicamente a errori.

Attorno e dentro noi rivoli e vortici sparsi, e venti e brezze e bufere, e uragani all’orizzonte, tali quali in queste persone tutto il giorno carichi di fardelli sulle spalle e la notte chissà dove dormono.

Eppure la vita, scricchiola ed è meravigliosa. Zoppica che è una meraviglia. Perché scricchiolare forte è il secolare cantare dei vivi e zoppicare è danzare, liberi.

Taodao, sentieri senzienti, è termine che al meglio esprime l’intima natura dei cammini cui diamo forme e figure. Siamo infatti, noi vivi, vibrante cammino che cammina se stesso, via e viandante, percorso e colui che lo percorre, per questo sentieri senzienti, strade viventi.

E siamo noi vivi sentieri che mai vanno altrove, ma da noi procedendo attraverso noi a noi stessi siamo diretti. Non vi è d’altronde alcun altrove nel mondo, realtà toticentrica e totiperiferica, dove ogni entità viva, animale o vegetale che sia, funge da centro vivo del tutto e al tempo stesso da periferia ultima degli infiniti altri centri.

Taodao, sentieri senzienti, è anche un luogo e un modo del nostro corpo, un punto raccolto sotto l’apofisi spinosa della prima vertebra dorsale. E’ il tredicesimo pozzo del vaso embrionario del governo dell’organismo, è lago energetico del cielo anteriore che nella lingua cinese è chiamato Dumai.

Forse davvero da lì deriviamo, forse lì procediamo, forse che si forse che no, e mai smettiamo di camminare, come detto da noi attraverso noi verso di noi rivolti, dando forma a noi stessi e diventando quello che siamo pronunciamo incessantemente la nostra cifra e il nostro nome. Faticosamente sereni di continuo varchiamo così queste terre e questi cieli, questa nostra mente, meravigliosamente zoppi di continuo ruzzoliamo. Ad ogni passo sbagliamo strada eppure passino passino andiamo avanti, fantastici erranti.

Un passo avanti e tre indietro, un passo avanti e tre indietro, un passo avanti e tre indietro, è questo il modo dei vivi ed è il congruo procedere, capitomboli e via.

Entrare e uscire e venire e andare, i beati voli dei benshen illuminano e guidano le nostre strade, attraversate da questo nostro imprevisto ancora attraverso essi respirare, questo santo palpitare dei cuori, questi imbastiti e imbrattati e defedati e stanchi eppure ancora candidi e intonsi corpi nostri, tal che in quei giorni apicali, iniziali, gli ultimi e i primi, ci ritroveremo soddisfatti persino con i piedi davanti.

Di nuovo un nuovo respiro, e questa gente, noi gente, con noi, con loro un unico volto un’unica voce.

Sapori speziati di curcuma e lievi alitare di gelsi, altro non trovi sul pianeta terra intero né altrove, stessa razza stessa faccia, identici sguardi, identici baci d’amore.

Il più prezioso tesoro segreto brilla evidente in ogni prato, in ogni boscaglia, pelati profumati, colori intensi intarsiati di fiori, foglie secche a manciate, ombre e cortecce di olivi e betulle.

Namaste, Namascar.

Di nuovo un nuovo passo, una nuova capriola riempie da qui all’eterno, qui nell’eterno istante un’altra danza, ancora un altro ballo, attraverso noi, loro, e attraverso loro, noi. Siamo specchi, se stessi riverberanti all’unisono.

Insieme, tutti, scalpitando ogni momento scoprire e celebrare quest’immenso coincidere in cui infine la mente non distingue più come e perché mentire, scopertasi alla soglia del vero.

Socchiudendosi, gli occhi trasparenti e chiari delle donne e degli uomini di buona volontà, concentrici illimitati finiti, infiniti limitati, si liberano dei pensieri e persino delle idee, non temete non è una perdita, e gli spiriti si manifestano. Gli shen riprendono i loro magici voli, ancora celesti danze sublimi permeano le beate purezze dei nulla dilagando e trionfando negli oceani originari delle luci. Miriadi.

Animus, anima. Scoprirsi donna è la zolla in cui finalmente vegliare.

Danza ancora in loro e in noi, vita eterna, e attraverso loro e noi ancora rivelati vita terrena. Ancora gioiamone stretti.

Facciamo musica insieme amici gioendo dell’unico abbraccio dell’uno.

È il virgineo sempiterno arcano fulgido cantare delle nostre anime pie a gruppi felici, famiglie, tribù, compagnie e cori.

Ora mi muovo, sussurro a te lieta e tu a me, ancora e per sempre mi muovo.

Ben oltre l’oltre dei significati e le voci gridandoti amore, benedetta capace sorella, da sempre mi sfiori e mi muovi.

Namaste, Namascar

Arrivederci Kathmandu.

 

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